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Semplice Numero 3 - Marzo 2017
Il Sommario
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La Copertina
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Interventi.
Emmanuele Nannizzi
L'estratto dell'articolo
Sono ormai trascorsi tre anni da quando è entrato in vigore l’art. 5 della legge n. 80/2014 (conversione del decreto legge n. 47/2014), norma che si pone l’obiettivo di contrastare le occupazioni abusive di immobili.
In detta norma è fatto divieto all’abusivo di chiedere la residenza nell’immobile da lui occupato, ed è previsto che gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli.
Successivamente è stata diramata la circolare ministeriale n. 14 del 06/08/2014, con la quale è stata aggiunta, nel modello ministeriale di dichiarazione della residenza, un’ulteriore pagina in cui il cittadino dovrebbe indicare gli estremi del titolo di occupazione dell’alloggio.
Nonostante sia ormai divenuta una prassi consolidata chiedere al cittadino il titolo abitativo, ai fini della dichiarazione di residenza, l’Associazione DeA da sempre ha manifestato perplessità, e rileva tuttora delle criticità in merito.
Tale prassi ha creato da subito confusione e incertezze agli operatori, e di conseguenza anche ai cittadini, perché è stata rivolta l’attenzione su un elemento irrilevante ai fini della residenza (il titolo di occupazione dell’alloggio) piuttosto che mantenerla sul requisito essenziale (la dimora abituale all’indirizzo dichiarato).
Da un’analisi accurata delle norme anagrafiche, abbiamo individuato 10 (dieci) motivi per cui l’Ufficiale di anagrafe non sarebbe legittimato a richiedere al cittadino il titolo abitativo.
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Interventi.
Marco Gattuso
L'estratto dell'articolo
Il Tribunale di Lecco, prima sezione civile, con l’ordinanza del 2 aprile 2017, confermando il decreto emesso il 9 marzo inaudita altera parte, ha inibito al Sindaco del Comune di Lecco di annullare l’annotazione anagrafica del cognome comune scelto da due donne unite civilmente, trasmesso peraltro anche alla bambina nata dopo la celebrazione dell’unione.
Soltanto poche settimane fa, al momento della presentazione dei decreti attuativi della legge n. 76 del 2016 (Legge Cirinnà), sul portale Articolo29 era stato evidenziato il brutto pasticcio sulla questione del cognome dell’unione civile fra persone dello stesso sesso. Avevamo rilevato la verosimile illegittimità costituzionale della norma contenuta nel decreto attuativo n. 5 del 19 gennaio 2017 (articolo 3, comma 1, lettera c), n. 2), in quanto il Governo delegato a dare attuazione alla Legge Cirinnà aveva, a nostro avviso, sostanzialmente derogato ad un principio espresso dalla stessa legge, senza tuttavia averne il potere: dunque un eccesso di delega. Avevamo anche detto che la parte più clamorosa del pasticcio era contenuta nella norma (articolo 8: Disposizioni di coordinamento con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 luglio 2016, n. 144), davvero peculiare, con cui il Governo aveva ordinato ai sindaci di cancellare “entro trenta giorni” il cognome anagrafico delle coppie gay e lesbiche che si erano unite civilmente tra l’entrata in vigore della legge Cirinnà (5 giugno 2016) e l’entrata in vigore del decreto “attuativo” (gennaio 2017). Avevamo ipotizzato che verosimilmente quelle coppie non avrebbero accettato che la propria identità personale potesse essere modificata con un tratto di penna, con un provvedimento amministrativo emesso (peraltro senza contraddittorio) in attuazione di una norma fortemente sospetta d’essere incostituzionale.
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Interventi.
Alberto Figone **
L'estratto dell'articolo
L’attuale comma 36 dell’art. 1 della legge 20 maggio 2016, n. 76, conforme all’art. 11 del disegno di legge originario definisce come “conviventi di fatto” due persone maggiorenni, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, senza vincoli derivanti da rapporti di parentela, affinità, adozione, matrimonio o unione civile. La convivenza è dunque una situazione di fatto, connotata da una reciproca “affectio coniugalis”, di per sé fonte di specifici diritti ed obblighi. Si richiede espressamente la libertà di stato di entrambi i partner: dunque, la speciale disciplina non opererà nel caso in cui i conviventi, uniti in matrimonio o da un’unione civile con altre persone, si trovino in una situazione di separazione di fatto ed anche (per il solo matrimonio) di separazione legale. La previsione pare molto rigida, sacrificando la posizione di chi convive stabilmente con persona, legata da precedente vincolo, specie in situazioni in cui è venuta meno ogni forma di comunione materiale e spirituale (si pensi a due coniugi che, per i più svariati motivi, ritengano di non divorziare, ovvero a chi sia sposato con una persona, di cui non si sappia più nulla da tempo, in difetto di dichiarazione di morte presunta).
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Attualità.
Vincenzo Piscopo
L'estratto dell'articolo
Sempre più spesso viene pubblicizzata su siti commerciali la possibilità di celebrare matrimoni in luoghi diversi dal palazzo comunale, come ad esempio ville d’epoca, rifugi di montagna, spiagge, ecc.
La “location” del matrimonio diventa più importante del matrimonio stesso.
Il nostro ordinamento è improntato su una corretta ripartizione tra il valore della forma e la sostanza. Gli atti sono nulli quando manca un requisito essenziale, sono annullabili quando non viene rispettato il dettato normativo, sono irregolari quando la violazione non è particolarmente grave.
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Giurisprudenza.
Mauro Parducci
L'estratto dell'articolo
Lo spostamento della residenza dei minori costituisce, spesso, motivo di dubbio con diverse e variegate modalità di comportamento da parte degli Ufficiali di Anagrafe. Diversi ufficiali d’anagrafe ritengono, a torto, che lo spostamento della residenza dei minori, quando viene effettuato da un solo genitore debba trovare un assenso da parte dell’altro genitore. Detti Ufficiali d’Anagrafe, agendo in tal modo, non tengono in debita considerazione, del principio fondamentale che, da sempre, regge l’anagrafe: ogni persona deve essere iscritta nell’anagrafe del Comune ove ha la dimora abituale.
Da questo punto di vista quindi anche il minore dovrà avere la residenza nel luogo di dimora abituale indipendentemente dai desiderata dei genitori. Pare evidente che, normalmente, lo spostamento della residenza del minore dovrà avvenire unitamente a quella dei genitori che, in sede di dichiarazione di trasferimento della residenza, dovranno sottoscrivere la dichiarazione medesima. Può anche capitare che sia un solo genitore a trasferire la residenza insieme al figlio minore: in tal caso sarà il genitore che si trasferisce a sottoscrivere la dichiarazione senza alcun bisogno che intervenga anche l’altro genitore. Infine, anche se deve trattarsi di un caso eccezionale, può darsi il caso che il minore trasferisca la residenza presso parenti senza che sia “accompagnato” dai genitori.
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Come si fa.
Marco Raso
L'estratto dell'articolo
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La pagina di Sophia.
Patrizia Strano
L'estratto dell'articolo
L’opera di Max Weber, eminente sociologo tedesco fra i più influenti, ha accompagnato l’intero Novecento e non solo europeo. Un secolo che è stato anche tragicamente ricco di crisi, trasformazioni e cambiamenti. E le categorie weberiane – come dimostra la storia e la geografia della loro ricezione – hanno aiutato generazioni di intellettuali a reperire e utilizzare gli strumenti per la comprensione al meglio delle società contemporanee e del loro accelerato mutamento. Così per decenni il pensiero di Weber è stato oggetto di un serrato dibattito internazionale nell’ambito di molte discipline dove il confronto con le sue teorie, i suoi metodi e i risultati delle sue ricerche rappresenta il tratto comune di tante scuole sociologiche che proprio nel riferimento a Weber hanno definito la loro identità scientifica.
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Bastiancontrario.
Bastiancontrario
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